martedì 24 dicembre 2013

Confessioni di una spendacciona sprovveduta: lo zen e l'arte della commessa

Come già anticipato in questo post, andrei a sviscerarvi volentieri una delle figure che più mi affascina di quello che è lo shopping compulsivo. Perché, se in buona parte dipende dall'acquirente, il comprare sedici cappottini per cani - senza, ohiohi, detenerne manco uno - o decine di shampoo all'ortica - a cui siete allergici - o un abito di sei taglie più piccolo "perchétantocede" (tra l'altro. Ecco. Per favore, SMETTIAMO DI CREDERE CHE I TESSUTI CEDANO O SI RESTRINGANO A NOSTRO PIACIMENTO. Anzi, troviamo la quadra: i jeans cedono o si restringono quando li lavi? Mettiamoci d'accordo così poi è finita una volta per tutte), a volte può dipendere da lei: la commessa. Notate che non dico "il commesso". No, perché i venditori che fanno riferimento all'altra metà del cielo sono numericamente meno, è palese. E sono anche meno, come dire... Avviluppanti. Meno edera, ecco. Ok, dipende anche dal singolo negozio, ma la commessa donna tende ad avere la grandiosa capacità di attaccarsi come una cozza allo scoglio al potenziale acquirente facendolo passare da "dò solo un'occhiata, grazie" a "ne compro sette rossi e tre blu". Sarà che la donna è più brava a irretire, o più banalmente a svangare i sentimenti al prossimo, che per farla stare zitta compra. Io stessa ci sono caduta qualche giorno fa: entrata in un negozio di cosmetici una domenica solo per farmi un giro, sono stata assalita a turno da due commesse - DUE - che mi hanno cacciato in mano la qualunque. Ammetto poi di essere una debosciata e che per farle contente io compro. Sono la fessacchiotta ideale. E loro, fino al momento del pagamento, sembrano essere le tue best friend forever (Paris Hilton docet). Perché due parole e qualche consiglio lo scambi volentieri, ma col fio di dover comprare quello che ti hanno gettato nella borsina, che a sua volta ti è stata messa in mano da loro. Sarà poi che ammiro 'sta sfacciataggine, la faccia di tolla che mostrano nel dirti che ti sta bene tutto anche se pesi 170 kg o simili. Mi chiedo perché a una certo punto non diventino politicanti, sono così brave (ahahaha, la satira politica di Natale! Scusate, vado in un angolo a vergognarmi con Pippo Franco e il resto del Bagaglino).

Canzone del giorno: Sara Ramirez, The Story (lo ammetto, ho guardato la puntata musical di Grey's Anatomy. Vergogna a me).

lunedì 16 dicembre 2013

Confessioni di una spendacciona sprovveduta

Tentando di aprirmi uno spiraglio tra le due tende di cheratina che mi coprono la faccia e che qualcuno chiama "capelli" (ringraziamo Kiko e il suo simpatico siero per aver aumentato la leoninità della mia immagine), e reduce da una puntata di Obesi-Un anno per rinascere su Real Time (ufficialmente perché è molto motivante per raggiungere i propri obiettivi a prescindere da quali essi siano, ufficiosamente perché l'allenatore di oggi era un figone), mi riappropinquo al blog con la fiera consapevolezza di non avere una mina da dirvi.

Anzi, un tema forse ce l'ho, perché unire una domenica relativamente libera, una carta prepagata e una giovane donna emotivamente instabile porta a un tema molto noto e molto sbagliato: lo shopping compulsivo. Signori miei, anche io, che sono la donna meno femminile e meno propensa agli "oddioguardachebellabitinocioèuuuhmeloprovomeloprovomeloprovo", ci sono cascata. Perché, almeno usualmente, nei negozi ci vado poco. E se i negozi sono di coserie da vestire, di solito non le provo; controllo il prezzo, me le appoggio addosso per vedere se ci potrei entrare ed eventualmente compro. Adesso invece mi infilo nei negozi le domeniche pomeriggio sotto Natale. Notate l'errore uno e trino per favore:
- negozi;
- di domenica pomeriggio;
- sotto Natale.
IL MALE. Per me che faccio della sociopatia un baluardo tronfio e fiero e gagliardo, questa è una decisa inversione di rotta. Senza un perché al mondo, oltretutto. Voglio dire, tuttora il genere umano - specie se copioso - mi genera pessimismo e fastidio, ma sono diventata una che va per negozi a prescindere. E non torna mai a casa a mani vuote.
La cosa peggiore è che, statisticamente, se compri un sacco di roba compri anche un sacco di roba inutile. Per esempio, nelle mie ultime escursioni, sono riuscita a tornarmene a casa con un abitino girochiappa estivo (e vogliamo ricordare che è Dicembre, si?) con inserti di pizzo, un eyeliner dorato con glitter, due fusciacche, una corda per saltare, uno smalto color " rosso improbabile" e una devastazione di altra roba. E chi mi conosce sa che giro perennemente in jeans e felpa, e mi trucco solo per gli eventi che reputo degni e che vanno da lauree a matrimoni all'aver messo un piedi davanti all'altro dopo un risveglio dal letto particolarmente difficile. Un rudere che ha dimenticato la femminilità in giro da qualche parte e non la trova più. E mi vado a comprare cose inverosimili e da femmina. Ma perché? Mi sono data alcune spiegazioni che vorrei condividere con voi, ma mi sa che lo farò a puntate sennò non la finisco più:
- commesse particolarmente scaltre;
- momento emotivamente difficile;
- facilità di acquisto, anche senza lo smaronamento di alzare le chiappe da casa e ficcarsi in un negozio (ovvero la summa di tutti i mali via etere: eBay).
Ma facciamo che, per una più agevole e distesa spiegazione del tutto, vi rimando al prossimo post.

Canzone del giorno: bonjour tristesse. Mad world, Gary Jules (ma l'originale un po' meno "vorrei tagliarmi le vene per lungo" è dei Tears for Fears).

domenica 8 dicembre 2013

Libri, capitolo bla

Signori miei belli, stavolta vengo a voi con una recensione. Sapendo che non potete proprio fare a meno della mia opinione (e qui ci starebbe benissimo una faccina di WhatsApp, possibilmente quella mezza gialla e mezza azzurra con le manine sulla faccia e l'espressione che avrebbe l'Urlo se Munch l'avesse dipinto nel 2013), mi accingo a parlarvi del libro che ha onorato il mio Kindle negli ultimi tempi: La verità sul caso Harry Quebert, di Joel Dicker.

No, ma notate la grazia e la finta casualità della foto. Dai, vi prego, notatele.

Credo che l'autore sia francese o giù di lì; spero comunque non inglese, che con un cognome del genere l'infanzia -ma anche l'età adulta- deve essere difficile da affrontare. La storia è piuttosto lunga ma scorre molto bene, specie dalla seconda metà in poi. A dirla tutta, questo è un libro in accelerazione: parte in sordina, poi si fa più animato, sempre di più, finché si arriva all'ultima parte che DOVETE leggere a precipizio perché non potete fare altrimenti. Mi è piaciuto molto, perché continua ad andare a parare dove non ti aspetti, perché nessuno - assolutamente nessuno - è come sembra, perché anche quando non ce n'è la necessità l'autore ti sorprende, ed è lì la cosa migliore del libro: soddisfatte le necessità del lettore, l'autore va comunque oltre, anche se potrebbe restarsene in panciolle a godersi l'effetto di quanto già scritto. E invece no.
La pecca più grande del libro è il latte alle ginocchia che mi provoca la storia d'amore narrata (che non occupa poco spazio, anzi): non tanto perché si svolge tra il trentaquattrenne scrittore Harry Quebert e la quindicenne Nola, ma perché è di un mieloso raccapricciante. Non c'è un minimo di spina dorsale in questo tanto decantato amore, 'sti due si trovano bene perché sono debosciati alla stessa maniera. Una pesantezza e una voglia di prenderli a sberle (o meglio, tentare di creare i loro personaggi in carne e ossa a guisa di Frankenstein, solo per poterli prendere a sberle) che metà basterebbero. O forse sono io ad essere inacidita, questo non ve lo so dire.
A parte questo, le vicissitudini che colorano la cittadina apparentemente tranquilla di Aurora inchiodano il lettore al libro, e tutti i personaggi apparentemente tranquilli di Aurora sono ben diversi da quello che appaiono. La dinamica trita e ritrita del giallo si colora di sfumature diverse, che vanno dal thriller allo psicologico, con tempi e modi che saltellano di qua e di là impedendo al lettore di distrarsi. Niente noia, soprattutto da un certo punto in poi. Ringrazio la beneamata Spuzzina per il consiglio, e giro suddetto consiglio anche a voi.

Canzone del giorno: Sky is over, Serj Tankian

domenica 1 dicembre 2013

Max tiene il tempo

Cari miei, tutti gli ossequi che posso porvi ve li porgo. Si, sono stata assente per mille mila milioni di mille tempi, fagocitata da un sacco di cose che, alla fine della fiera, non meritavano poi così tanto tempo. Sto tergiversando un po' in attesa di andare, questa sera, ad ascoltare Max Pezzali in concerto. Ovviamente non conosco gli inediti dell'ultimo CD, come al solito quando vado a un concerto. Valà che ha fatto un greatest hits e le canzoni nuove sono ben poche. Mi sarei preparata meglio, se avessi potuto. O forse no, qualche altra scusa l'avrei accampata. Bah.
La verità è che nessuno è abbastanza al sicuro da Max Pezzali. Ci ha accompagnato, e segnato, tutti quanti. Dall'uomo ragno in poi nessuna adolescenza ha potuto prescindere dalle canzoni di questo eterno ragazzo. E anche i più adulti non disdegnano di battere il piede a tempo quando ascoltano Nord sud ovest est. Max è Max, e non credo che esistano cantanti altrettanto trasversali. Voglio dire, io sono una metallara a tratti anche cattiva. Eppure spendo i miei 35 euro e mi faccio un bel po' di strada per andare da Max Pezzali. Dall'uomo con gli accenti più sbagliati del creato. Un cantante che è passato dal funky divertente al miele più mieloso, sdolcinato e incline al diabetico che la storia ricordi. Un quarantenne mai cresciuto. Ma grazie a lui non cresciamo neanche noi, e forse ci piace per quello. Non ve lo so dire, so solo che stasera vado e conto di divertirmi un bel po'.

Siccome scrivo da iPad, non riesco a linkarvi la canzone del giorno. Per forza di cose sarebbe sua, e credo sarebbe Tieni il tempo che è la mia preferita. Spero tanto che sia in scaletta...